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Il principe della marsiliana

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TheProjectGutenbergEBookofIlPrincipedellaMarsiliana,byEmmaPerodi
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Title:IlPrincipedellaMarsiliana
Romanzoromano
Author:EmmaPerodi
ReleaseDate:November9,2005[EBook#17035]
Language:Italian

***STARTOFTHISPROJECTGUTENBERGEBOOKILPRINCIPEDELLAMARSILIANA***

ProducedbyCarloTraverso,PaganelliandtheOnline
DistributedProofreadingTeamat(This
filewasproducedfromimagesgenerouslymadeavailable
byBibliotecaNazionaleBraidense-Milano)


IlPrincipedellaMarsiliana
ROMANZOROMANO
DI


EMMAPERODI
Marcatipografica

MilanoFRATELLITREVES,EDITORIMilano
ROMA


TRIESTE

BOLOGNA
ViadelCorso,383. pressoG.Schubart. AngoloViaFarini.
NAPOLI:PiazzaSetteSettembre,26(LargoSpiritoSanto).
LIPSIA,BERLINO,VIENNA,pressoF.A.Brockhaus.
PARIGI,pressoJ.Boyveau,22,ruedelaBanque.

DELLAMEDESIMAAUTRICE:
Spostati,scenedellavita...L.1—


IlPrincipedellaMarsiliana
ROMANZOROMANO
DI


EMMAPERODI
Marcatipografica

MILANO
FRATELLITREVES,EDITORI

1891.

PROPRIETÀLETTERARIA
Riservatituttiidiritti.

Milano.—Tip.FratelliTreves.



Indice
I
II
III

IV
V
VI

VII
VIII
IX

X
XI
XII

XIII
XIV
XV

XVI
XVII


I.
Dinanziall'osteriadiMuzioScevola,inTrastevere,sventolavanounsabato
sera le bandiere tricolori e quelle gialle a rosse del Comune di Roma, e dalle
finestre delle casupole vicine pendevano tralci di lauro, ai quali erano appesi i

lampioncinidipiùcolori,prontiperlailluminazione.Sopralaportadell'osteria
vierailritrattodiGaribaldi,circondatopuredilauro,eintornoaquelloerano
dispostelecandeleinfilatenellepuntediferro.
Sulla piazzetta davanti all'osteria stavano molti uomini aggruppati a
capannelli e discutevano vivamente; alcuni appartenevano alla classe dei
bottegai e portavano le catene d'oro pesanti attaccate ai primi bottoni della
sottoveste, il corno di corallo penzoloni e le cravatte vistose; altri invece
appartenevanoalcetodeicittadini,elamaggiorpartealpopolominuto.
I cittadini, che erano in minor numero, andavano da un gruppo all'altro e
posavanofamiliarmentelamanosullespalledeipopolani.
Auntratto,nelvederscenderedaunabotteungiovinottosbarbatoevestito
correttamente di saia turchina, tutte le conversazioni cessarono, i capannelli si
scomposeroelafollasispinseversodilui.
Il giovinotto distribuiva strette di mano a tutti, salutando ciascuno per
nome.
—Signor Rosati!—dicevano le persone aggruppate intorno a lui
rispondendoalsaluto.
—Comeva?Chemiditedinuovo?—domandavaFabioRosati,rivolgendo
unosguardod'intesaatreoquattrocuilafollapopolanaparevaubbidire.
—InBorgosipuòcontaresucinquecentovoti,nonpiù,—disseilSimonetti,
unomaccionegrasso,cheavevabottegad'orzarolovicinoapiazzaRusticuccie
godevadimoltapopolaritàfrailiberalidiquelrione.
—Edallepartivostrecomesista?—domandavaFabioRosatiaScortichino,
ilriccoostediSanFrancescoaRipa.
—Benone,sorFabiomio.Ieriseraavevol'osteriapienadigenteedopoche


ebbi parlato, come so parlar io, non fo per vantarmi, sa, e ebbi detto che
bevessero pure senza pensare al conto, tutti convennero che era meglio votare
per Sua Eccellenza, che almeno aveva dato prova d'essere liberale in

Campidoglio, piuttosto che per quel clericalone del de Petriis, che non ha mai
fatto altro che portare la mantellina dei fratelloni dell'Angelo Custode,
impiastricciareicocci,eimbrogliareiforestieri.
—BravoScortichino!—disseilRosaticonfarediprotezionebattendosulla
spallaalriccooste.—Equichenotiziecisono?—domandòaunuomoaltocon
unalungabarbaedueocchimansueticomequellidiunagnello.
—Qui, trattandosi di un principe ci pensano due volte,—disse il sor
Domenico, uomo popolarissimo, che vantava ancora l'amicizia di Garibaldi, si
ricordava del Vascello e parlava dell'eroe con le lagrime agli occhi.—Qui ci
vorrebbe qualcosa per ismuover questa gente, qualche colpo che rendesse
popolareilprincipedellaMarsiliana.
—Equale,peresempio?—domandòilRosatiinfilandoilbraccioinquello
delsorDomenicoeguidandoloindisparte.
—Qui,sorFabiomio,ilprincipehadeinemici.Diconochenonpuòessere
liberaleschiettoconquellamoglie.
—E che fa la principessa?—chiese il Rosati fermandosi e guardando in
facciailsorDomenico.
—Bazzica troppo dalle monache di Santa Rufina. Capirà, la carrozza tutti
celavedonoognigiornofermaperdelleoredavantialconvento,tuttisannoche
non aiuta altro che i baciapile e poi ha anche la riputazione di esser superba
cometuttiincasaGrimaldi.
—E che cosa sapreste suggerirmi, sor Domenico, per riconquistare alla
principessalesimpatiedelTrastevere?
—Una cosa sola: bisognerebbe che la principessa venisse stasera a cena
all'osteriainsiemecolprincipeedomenical'elezionediluièassicurata.
—Siete pazzo!—esclamò il Rosati mostrando con un gesto di ribrezzo
quantoripugnavaglidivederelaprincipessadellaMarsilianainquelluogo.
—Eppureèl'unicomezzo,—diceval'ostesenzaalterarsi,scrollandolabella
testamansueta.—Èl'unicomezzo!



—Maoraètardi.
—No;leicorraacasadalprincipe,gliriferiscaquestosuggerimentomio,e
glidicachesenonvienelaprincipessaèinutilechevenganeppurlui.
Fabio Rosati stette un momento pensoso, con gli occhi fissi per terra, poi
stendendolamanoalsorDomenicoglidisse:
—Credocheabbiateragione;—esenzasalutarenessunorisalìinbotteesi
fececondurrealpalazzodelprincipedellaMarsiliana.Nelpassaresottolaporta
carrozzabile per entrare nel cortile, Fabio domandava al guardaportone alto,
solenne e tutto tronfio di portare la livrea della antica casa principesca, se Sua
Eccellenzaeratornata.
Il guardaportone, senza aprir bocca, brandi la mazza con gesto da re di
coronaeaccennòalRosatiilphaétonattaccatocheaspettavailprincipe,equindi
riposòinterralamazzaeripreseaguardareconocchiosprezzantelagenteche
passavaapiedi.
Fabio salì di corsa le scale. Giunto nell'anticamera nella quale il trono,
formato di arazzi portanti lo stemma della famiglia nel centro e le imprese del
celebrecardinalUrbani,sullapartelaterale,occupavatuttaunaparete,sifermòe
dissealservitorediguardiadiannunziarlo,esenzaaverlapazienzadiattendere
larisposta,simiseallecalcagnadiluiperl'ampiagalleria,nellaqualetuttoun
passato di deità olimpiche e d'imperatori romani parevano schierati per far gli
onoriachipassava.
Fabiononvolseneppureunosguardosuqueimarmipreziosi;ilsuoocchio
grandeedolceparevachenonprovasseilbisognodiguardarenulladiciòchelo
circondava,chenonubbidisseanessunacuriosità.Eppureeralaprimavoltache
entrava in casa Urbani, o almeno in quella parte del palazzo riservata alla
famiglia,poichèilprincipeavevaalpianterrenoduestanzecheguardavanosul
Corsoenellequaliricevevalamattinatuttelepersonechenoneranopresentate
alla principessa. Fabio Rosati, segretario di una quantità di comitati, nei quali
figuravailnomedelprincipedellaMarsiliana,eanchedelCircolodeiCittadini

di cui don Pio era presidente, aveva frequentissime occasioni di avvicinarlo.
Svelto, intelligente, benchè privo affatto di cultura, rispettoso senza
cortigianeria,esopratuttobuonoeabile,Fabioerariuscitoaconquistarel'animo
di molti patrizii romani, e specialmente di don Pio, il quale ora aveva rimesso
nellemanidiluil'esitodellasuaelezioneadeputato.


Il servo si fermò in fondo alla galleria, dinanzi a una porta grigia tutta
copertadidorature,ebussòleggermente.Ilcamerieredifiduciadelprincipe,un
francese sbarbato, con gli occhiali che davano alla sua fisonomia l'aspetto di
prete,comparvesull'uscio,evedendoFabio,checonosceva,lopregòdientrare
inunsalottinoprecedentelacameradelprincipe.
Don Pio, appena udita la voce di Fabio, gli andò incontro e gli strinse
cordialmentelamano.
—Graziediessermivenutoaprendere,—dissealRosati.—Miannoiavadi
giungersoloinmezzoatuttaquellagente.
—Nonvengoperquesto,—risposeFabioguardandointerraenonsapendo
come riferire al principe le parole del sor Domenico. Dacchè era entrato nel
palazzosentivamaggiormentetuttalastranezzadellapropostachedovevafare,
enonavevailcoraggiodiesprimerla.
—Occorronoaltresommeperlespeseelettorali?—domandòilprincipe.—
Me lo dica francamente; so quanto bevono gli elettori romani, e nulla mi
stupisce.
—No,no;hoancoraqualchemigliaiodilire,—disseilRosatisorridendo.—
Sitrattadiunacosamoltopiùdifficileadirsi.
—Meladicasubito,—insistèilprincipesenzaturbarsi;—sonopreparatoa
tutto.
—Senta,ilsorDomenico,l'ostediMuzioScevola,dicechesestaseranon
viene la principessa insieme con lei, i voti del Trastevere le saranno per la
massimapartenegati.

Ilprincipesorrisemettendosiilmonocoloall'occhiosinistro,eguardòfisso
ilRosatidicendo:
—ÈunacondizionecuriosaenonsosedonnaCamillal'accetterà;tenterò.
Mal'oraèpassatagià,—aggiunseilprincipeguardandounapiccolapendoladi
smalto posata sopra la scrivania;—lei vada a far pazientare chi mi aspetta, io
cercherò d'indurre la principessa a venir meco.—E accompagnando il Rosati
nella galleria, don Pio penetrò nel salottino di sua moglie, e appena passata la
sogliadiquellastanzasparìdalvoltodiluituttal'espressionedidolcebonarietà,
cheavevadurantelaconversazionecolRosati.


Laprincipessanelvedereilmaritosialzòefececennoaduemonachedi
SantaRufina,cheeranoseduteinfacciaalei,dilasciarla.
—Che cosa vuoi?—domandò la piccola signora al marito con voce
leggermente nasale, andando verso lui dopo aver accompagnato all'uscio le
suore.
—Saicheiovoglioinognimodoesserdeputatoechesarebbeun'ontaper
mesecolmionome,colmiopassato,conlemieaderenzeei mieimezzinon
riuscissiaessereeletto!
—Non le capisco certe vanità,—diss'ella alzando gli occhi al cielo.—
QuandounosichiamaUrbaninonhabisognoditenereauntitolocheilpopolo
puòconferirgli,epuòancheritorgli.
—Itempisonocambiati,bisognacamminareconessisenonsivuolrestare
schiacciatiesoffocatiappuntodaquestopondograndissimocheilpassatociha
postosullespalle;bisognafarqualcosanoipureperesserdegnidegliavi.
Il principe pronunziava queste parole con voce monotona, senza nessun
sentimento,comeunalezioncinaimparataamente.Einfattidaquindicigiornila
ripetevadicontinuoasèstessoperdirlainognioccasione.
La principessa lo ascoltava a testa bassa, come se riprovasse quelle
massime.

—Dunquechecosavuoi?—glidomandòparlandosempreconvocenasalee
adentistretti,comechihalaconsuetudinediservirsidellalinguainglese.
—Voglio che tu mi accompagni stasera all'adunanza elettorale.—Quel
nomediosteriafacevaribrezzoancheadonPioenonpotevapronunziarlo.
—Edove?—domandòlaprincipessa,alzandoinvoltoalmaritodueocchi
piccoliefieri.
—DaMuzioScevola.
—Echeluogoè?
—Unalocanda,dovemidannounacenaelettorale.
—Noncivengo.
—Ma, Camilla, pensa a quello che fai; mi tacciano di clericale per colpa


tua;percolpatuanonsaròeletto;iovoglioriusciredeputato,etu,tudevivenire.
—Non vengo,—rispose la piccola signora sedendosi.—Tu sei padrone di
derogarealtuonome,allatuanascita,manonpuoiimporreamediavvilirmi.
Io, oltre a esser custode del nome tuo, sono anche custode di quello di mio
padre;sonounaGrimaldi,losai.
Efieramentealzòlapiccolatestadalvoltopallido,sulqualenonsileggeva
altrocheunagrandeespressionedifierezza.
—Camilla,tuseilamiarovina,—disseilprincipe,uscendosenzastenderle
lamano.
Nella galleria lo attendeva il suo cameriere per infilargli il soprabito e
presentargliiguanti,ilbastoneeilcappello.
Don Pio, calmo in apparenza, dette alcuni ordini, scese le scale inchinato
dai servitori, e dopo essersi seduto nel phaéton prese in mano le redini dei
cavallieuscìdalpalazzo.
Eraquasinottequandoilphaétonsifermòsullapiazzettadinanziall'osteria,
giàilluminatadailampioncinicolorati,eilprincipe,scesoprontamente,sitrovò
afiancoFabioRosatieilsorDomenico,ilqualesitolseilcappelloacencioegli

disseabruciapelo:
—Non mi ha voluto dar retta e le cose si imbrogliano. Faremo un buco
nell'acquasenonvienelaprincipessa.
Don Pio infilò il braccio familiarmente in quello del sor Domenico e
tirandoloindisparteglidisse:
—Che volete, la principessa non c'entra per nulla nella mia elezione; le
signorehannoideechenoidobbiamorispettare,machenondividiamo.
—Lo capisco,—diceva il sor Domenico spartendosi con le dita la lunga
barba, come soleva fare quand'era soprappensieri,—lo capisco, ma lei sa,
Eccellenza,cheabbiamodafarconcertagentecocciutaesiamoincertitempi...!
Basta,vedremo;bisognerebbecheperamicarsiitrasteverinileiavessequalche
buonapromessainriservaelamanifestassestasera.
—Vedremo,—disse il principe ritornando verso Fabio Rosati, che era
circondatodaungruppodipersonebenvestiteeparlavaabassavoceconloro.


Appena a quel gruppo si avvicinò don Pio tutti si tolsero il cappello e si
fecero addietro alcuni passi. Il principe stese la mano all'ingegnere Marini e al
professoreArnaldi.FabioRosatiglipresentòsubitoquellichenonconosceva.
—Il signor Massa, giornalista,—disse accennando un giovinotto pallido,
con le scarpine lucide e l'aria spavalda,—il signor Caruso, giornalista pure—
aggiunseaccennandounomaccionegrasso,dallospiccatotipomeridionalecon
lelentisulnasoeunabarbettaradasulleguancebutteratedalvaiuolo.
Il principe della Marsiliana fece un passo verso i due rappresentanti della
stampaesteselorolamano.
InquelmomentolasoraLalla,grassa,rossa,tuttacateneependentid'oro,
comparveincimaallascalettadell'osteria,e,conlemanisuifianchiesuberanti,
simiseagridare:
—Mainsomma,voletepropriochetuttovadaaicani!Veniteononvenite?
Il sor Domenico, che aveva per la sua vecchia compagna un affetto

grandissimo,unaffettoincui entravanoiricordigiovanili,lagratitudineperil
coraggio mostrato da lei quando egli era in carcere a San Michele, da dove lo
aveva fatto scappare, e la stima per la sua proverbiale onestà, sorrise e disse
volgendosialprincipe:
—Credo che Lalla abbia ragione; è tempo di andare a cena se si vuol
mangiare.
Il principe, col fare disinvolto del gran signore che sa subito adattarsi al
luogodov'èeallepersonechelocircondano,salìinfrettalascala;ilRosatilo
seguiva da vicino e il Massa saliva a due a due gli scalini per non rimanere a
distanza.GiùsullapiazzettailsorDomenicoinvitavatuttiasalireeauntrattola
scala fuguernitadipersone diognicetocheparevanoimpazientidimettersia
tavola,esullapiazzanonrimaseroaltrochealcunedonne,duecoppiediguardie
di pubblica sicurezza addossate al muro e due carabinieri, che camminavano
pesantementeinsueingiùsenzascambiarparolafradiloro.
Appena il principe della Marsiliana comparve nella sala bassa dell'osteria
ornata sulla parete principale di un affresco raffigurante Muzio Scevola con la
manosull'ara,esuquelladifondo,diunteatrino,lasoraLallaalzòlamano,il
capo della banda collocata sul palcoscenico dei burattini brandì il bastone del
comando,eletrombeintonaronolarumorosamarciadell'Aida.


DonPioguardòilRosatieatteggiòlelabbraaunlievesorrisodischerno
vedendo quel tugurio basso, tutto pieno di tavole, i quartaroli del vino posati
sulle panche e vedendo sopratutto quei pezzi d'uomini di bandisti aggruppati
soprailpalcoscenico,conlequintepiùbassediloroeletestecherimanevano
celatedalpalco;mafuunsorrisoimpercettibile,emessosil'occhialinoall'occhio
sinistrosiaccostòallasoraLallaelesteselamano.
—S'èaffaticatatantoperme,—ledissesorridendo.
—Cisiamoavvezziallavoro,Eccellenza,—disselasoraLallatogliendosi
lamanodestradisulfiancoperdarlaalprincipe.

Al sor Domenico, che giungeva in quel momento, spuntarono le lagrime
agliocchivedendolamanodellamoglieinquelladelprincipedellaMarsiliana,
e volgendosi addietro gridò, come per dare l'intonazione alla folla che lo
seguiva:
—Evvivailnostrocandidato!
—Evviva!—rispose la folla. E il capo banda a un tratto troncò la marcia
dell'Aidaperincominciarel'innodiGaribaldi.
Una grande confusione regnava nella sala, aumentata dalla musica e dalla
troppagenteche,volendopassareperrecarsinellaterrazzacopertadallapergola,
lavorava di gomiti e spingeva quelli che le facevano resistenza verso la tavola
principale,cheeraquellad'onore.IlsorDomenico,accorgendosicheilprincipe
della Marsiliana era pigiato verso le sedie o doveva presentare le spalle per
resistereall'urto,alzòlatesta,laqualedominavalafolla,egridò:
—Ragazzi,fatelargo!
Tantoquellicheeranoassuefattiadascoltarlo,quantoglialtriche,forseper
laprimavolta,ilcasoponevaaccantoalui,ubbidironoaquellavocedolce,che
aveva nel comando una intonazione di convincente preghiera, e intorno al
principesiformòunvuoto.
DonPio,volgendosiall'oste,glidissesorridendo:
—Secosìviascoltano,lamiaelezioneèassicurata.
—Non credo,—rispose l'oste con la sua solita franchezza.—Vostra
Eccellenzahamoltiavversarifraipopolani.Selaprincipessafossevenutaqui,


domani a otto, tutti votavano per lei, ma così, ci vuole un colpo, un colpo da
maestro,senerammenti.
Il principe, guardando la folla, si arricciava il baffo sinistro senza
rispondere,eintantosiavviavaalpostod'onoreindicatoglidall'osteegiàstava
persedersi,quandoCarusoglisiaccostòechinandosiall'orecchiodidonPio,gli
disseabassavoce:

—PromettadiadoprarsiperfareapprovarelastazioneinTrastevereetuttii
votisonosuoi.
Don Pio, che da un quarto d'ora cercava inutilmente la promessa che
dovevaassicurargliivotideipopolanidiquelrione,udendoquelsuggerimento
si voltò di scatto a veder chi glielo dava, e non seppe nascondere quanto
facevaglipiacere.
—Grazie,—disseaCaruso,stringendogliconeffusionelamano.
—Niente,—risposel'altroabbassandolatesta.
Accanto al principe si era seduto a destra il sor Domenico e a sinistra il
postorestavavuoto;donPioavrebbevolutochequellaseggiolafosseoccupata
dal Caruso per parlare con lui, ma non ebbe il coraggio di chiamarlo. Lo
conoscevaappena,giàeradebitoreaquell'uomodiunaideachenonglisarebbe
mainataenonvolevachevincolimaggioridigratitudinesistabilisserofraluie
quellosconosciuto.Inquelmomentopenetravaa stentofralafollal'onorevole
Serminelli,deputatodiuncollegiod'Abruzzo,edonPioUrbanifeceglicennodi
andareaccantoalui.
Eranogiàstateservitelefettuccineneivassoiricolmi,etuttisieranoempiti
ilpiattotirandonegiùunmucchioelasciandonecaderesulletovaglie,cheerano
in più punti imbrattate di sugo. Soltanto nella vicinanza del principe la gente
mangiavapocoelatovagliaeraancorabianca.IlsorDomenicostesso,messoin
soggezione,nonavevailsuobell'appetitodituttiigiorni,elasoraLalla,chenon
perdeva d'occhio nessuno e dirigeva il servizio, si accostava ogni tanto al
principe, al marito o a Fabio Rosati, col quale aveva maggior confidenza, e
invitavaorl'unoorl'altroamangiareesopratuttoabere.
Diquestoinvitononavevanobisognoalleduetavolelaterali,postelungole
pareti. Una di quelle era presieduta da Scortichino, l'oste di San Francesco a
Ripa,chemangiavapertredandoilbuonesempioatutti,emescevaadestraea


sinistra da bere asciugandosi la fronte col tovagliolo; e l'altra dal Simonetti,

l'orzarolo di Borgo, che faceva sparire nello stomaco, a forma d'otre, i vassoi
delle fettuccine. Quasi nessuno parlava in quel primo quarto d'ora, ma quando
dopolefettuccineebberomangiatoilfrittoecomparveroitradizionalicarciofi
alla giudìa, quando i camerieri ebbero incominciato a portar via le bottiglie e
sostituirle con altre piene, allora, negli intervalli della musica, incominciò un
vocìo assordante, incominciarono le grasse risate echeggianti sulla terrazza
attiguacopertadalpergolato,edovesierariunitatuttalagentediminorconto,
tuttalaplebe.
IlprincipeparlavapocoeascoltavailsorDomenicoel'on.Serminelli,tutti
eduepraticidielezioni,cheglidavanodeiconsigli.Carusononpotendostare
accanto al principe si era messo alle costole a Fabio Rosati e sottovoce
ripetevagli che se il principe sapeva svolgere l'idea suggeritagli da lui, era
deputatodelcerto.
Don Pio, nella cui mente era infatti penetrato il suggerimento del Caruso,
ascoltava con orecchio distratto i discorsi delle persone che aveva a fianco e
teneval'occhiointentosulRosatiesuqueltipostranodiuomograssoesenza
energia, che pareva avesse concentrata nell'occhio tutta l'attività della mente, e
avrebbe voluto, senza chiedergli nulla, avere da lui altri suggerimenti. Egli
sentiva avvicinarsi il momento di parlare e la sola idea che sapeva di dover
manifestare era infatti quella della stazione in Trastevere, ma era una idea
isolata,chenonsapevasuchebasare,nècomesvolgere.
La sua non era una elezione preparata da lunga mano, come egli non era
preparatoallavitapolitica.LoscioglimentodellaCamerainseguitoallacaduta
delministero,avvenutoinprimavera,avevaresenecessarieinmaggioleelezioni
generali, e un gruppo di elettori, ascoltando il suggerimento del Rosati, si era
fatto propugnatore del nome di don Pio Urbani, principe della Marsiliana, non
perchè fosse noto come uomo intelligente, nè come buon amministratore, ma
solopercontrapporloaunriccomercantedicampagna,ildePetriis,che,perla
impopolarità acquistatasi nel consiglio comunale, si voleva escluso dal
ParlamentocomerappresentantediuncollegiodiRoma.

Del resto, don Pio non aveva altri precedenti che questi. Figlio unico e
eredediungrandenomeediungrandepatrimoniorovinato,erarimastoorfano
di padre nei primi anni dell'infanzia. Sua madre, mercè l'aiuto di un buon
amministratore, che si diceva fosse vice-principe di nome e di fatto, aveva
estinto gran parte delle ipoteche e preparato al figlio, che faceva educare nel


collegio dei gesuiti a Mondragone, un avvenire ricco e senza fastidi. Don Pio,
appena uscito di collegio, aveva corso la cavallina, e col pretesto di viaggiare,
perdarl'ultimamanoallasuaeducazione,avevagiratoilmondoincompagniadi
unadonnapiùanzianadilui,celebreaNizzaeaParigiperlasuaeleganzaeper
la disinvoltura con cui rovinava la gente. Da quei viaggi don Pio era tornato
sfiaccolato,senzaaverimparatonull'altrocheavestirsieaspendere.Cresciuto
senzanessunideale,senzanessunattaccamentonèall'anticacausadeipapi,nè
allanuovacausadell'Italia,tornavaaRomadalsuoviaggioquandolapiùgrande
rivoluzionedelnostrosecolosieragiàcompiuta.Quelgrandefatto,cheaveva
afflittocosìprofondamentetuttiipartigianidelpapatoecheavevafattoesultare
tutti gli italiani, lo aveva lasciato indifferente. Sua madre, rimasta fedele alle
anticheidee,suamadreloavevainutilmentespintoaschierarsifraisostenitori
delVaticano,fraquellicuilolegavanovincolidiparentelaediconsuetudinidi
famiglia; egli sorrideva, si metteva il monocolo all'occhio sinistro e non
rispondeva.DelrestoladuchessaTeresaUrbanisilimitavaaesortareilfiglio,e
sisarebbeguardatabenedall'imporglilasuavolontà.Giuntaaquarant'annisenza
avere eredi, ella provava per questo figlio, tanto invocato e tanto vivamente
bramato,unadiquellepassioniciechecheledonnesentonoperquellecreature
chelehannosalvatedalmarchiodellasterilità,passionepiùfortediognialtra
della loro esistenza. Agli occhi di donna Teresa nessuno era più bello, più
intelligente e più spiritoso del suo Pio, benchè egli non avesse nè una bella
figura signorile, nè una bella intelligenza, e di spirito ne possedesse quel tanto
necessario a fare buona figura in un salotto. La vera qualità del principe della

Marsiliana era piuttosto la scaltrezza, che egli sapeva nascondere sotto un
aspettodigrandebonarietà.Egliavevainoltreunaspeciedifiutocheloponeva
sullatracciadellepersonedasfruttare,echeoraglifacevaindovinarenelCaruso
l'uomoopportuno,l'uomocheavrebbepotutocavarlod'impaccio.
SidiscutevaaRomadamoltotempoilnuovopianoregolatoredellacittà,e
durante queste discussioni la capitale si trasformava a vista d'occhio, ponendo,
cometantiostacolialnuovopiano,ilavorichegiàeranocompiuti.
Laquestioneditrasportarealtrovelastazioneferroviariaeraall'ordinedel
giorno.NelleadunanzedellaSocietàdegliarchitettisieramessaavantil'ideadi
trasportarlaaiPratidiCastello,fuoridellaportaSanGiovanni,lasciandoquella
vecchiariserbatasoltantoperlapiccolavelocità.
Giàsieranofattistudîedisegni,sieranopubblicatiopuscolipersostenere
l'una o l'altra idea, ma il pensiero di fare la stazione nel Trastevere non era
balenatoanessuno,equelpensiero,dicuiilprincipericonosceval'opportunità,


per assicurare la sua elezione, ora lo tormentava non sapendo egli come
esprimerlo, e, mentre con la punta del coltello egli cercava di scalcare una
quaglia,pensava,pensavacheavrebbedovutofrapocoparlare,equelpensiero
glifacevaaggrottareleciglia.
Labandasulpalcoscenicocontinuavaasuonare,tuttiparlavanoauntempo,
quandoilsorDomenicosialzòefececennoaisonatorieaiconvitatiditacere.
LasoraLallaandòsullaterrazzaadareunordineeguale,eauntrattopertutta
l'osteria, un momento prima così piena di rumore, regnò un silenzio solenne;
nessunoosavaneppurportarsilaforchettaallaboccapernonfarrumore.Ilsor
Domenicosialzòeconquellavocedolceevellutata,chescendevaalcuore,e
nella quale era riposto in parte il segreto della sua popolarità, disse, imitando
Garibaldicheerailsuoidolo:
"Ragazzi! Voi sapete se io sono sempre con voi. Da anni e anni non mi
consideropiùunuomoisolato;miparediessereilvostropadre,ilcapoditutte

lefamigliedelTrastevere,perchèquandoqualcunosoffreiosoffroinsiemecon
lui,comequandoqualcunogodeiomiassocioallasuagioia.Sapetepurecheil
mioamorenonèlimitatoaquestogenerosorionedovesimantennesempreviva
l'ammirazione per le virtù passate di questa Roma, il cui nome solamente è
simbolodigrandezzaodigloria,masiestendeinveceatuttalacittàeall'Italia,
chehadovutocingerquilasuacoronaregale!Voisapetepurecheiononhomai
parlato a voi altro che il linguaggio della verità, che non vi ho mai dato un
consiglio che non fosse onesto e ispirato da quell'amore di patria che ci anima
tutti. Ora che siamo alla vigilia delle elezioni, io prendo la parola e dico, con
quellasinceritàchetutticonoscete,diporreilnomedelprincipedellaMarsiliana
accanto a quello degli uomini liberali cui deste il suffragio nelle passate
legislature.Questonomenonèportatodanessunacombriccola,nonrappresenta
interessiparziali,esopratuttononèlegatoanessunpassato.Pernoicivuoleun
uomonuovo,checapiscainuovitempi,unuomoaldisopradiqualsiasisospetto;
e tale è il principe della Marsiliana; io, ragazzi, lo raccomando al vostro
suffragio, io credo che nessuno possa meglio rappresentare questo collegio di
Romachelui!"
Gridadiversepartironodallafolla,cheingombravaprimalaterrazzaeche
orasieraspintafinonellasalaeoccupavatuttolospaziodinanziall'affrescodi
MuzioScevola;alcunediapprovazioneealtredidisapprovazione.Scortichino,
il Simonetti e il sor Domenico sopratutto accennarono a quegli strilloni di far
silenzioeilcapobandafeceintonarel'innodiGaribaldiperporrefinealtumulto,
cheminacciavafarsiserio.Appenaristabilitalacalma,donPioposòiltovagliolo


edalzatosi,senzaguardarnessunoinfacciaeavocebassa,incominciòaparlare,
dicendo:
"Portoungrannome,èvero,malemiesimpatiesonoperilpopolo,poichè
iostimoerispettochilavora,ehovivaammirazioneperquellichesostengono,
giorno per giorno, ora per ora, la lotta per l'esistenza. Se voi, che siete qui

adunati, volete concentrare sul mio nome i vostri voti, assicuratevi che avrò a
cuore i vostri interessi più dei miei. Nulla mi lega al passato: nè simpatia, nè
vincolidifamiglia;tuttoinvecemispingeversol'avvenire,cheèrappresentato,
specialmente qui a Roma, dalla forte, onesta e patriottica popolazione del
Trastevere. L'avvantaggiare gl'interessi materiali e morali di questo rione, sarà
per me una nobile ambizione. Io credo che uno dei mezzi per concentrare qui
unapartedellavitarigogliosadellaRomanuova,dellaRomadegliitaliani,sia
quello di far costruire in questo luogo la nuova stazione ferroviaria. Per
l'attuazionediquestodisegnoiospenderòtutteleforzemieeseviriusciròsarò
piùalterodiaverlegatoaquest'operailmionome,diquellochenonsiadella
gloriapassatadeimieiantenati."
Gridadivivaapprovazionepartironodallafolla;ilsorDomenicoavevale
lagrimeagliocchiecercavalamanodelprincipeperistringerla.FabioRosatigli
s'eraaccostatoeparevachechiedesseisuoiordini,quandoCarusolentamentesi
alzòevolgendointornounosguardodubbiosodisopraallelenti,chinòlatesta
inattodisalutoincontrandogliocchididonPio,equandolafolla,perordine
deisoliticapi,furicondottaalsilenzio,eglipreseadire:
"IlprincipedellaMarsilianahaconbreviparolesvoltotuttounprogramma
di cui l'idea fondamentale consiste nel trasportare nel Trastevere un centro di
attivitàedilavoro.
"Questa idea non è una idea nuova, sorta nel momento delle elezioni,
suggeritadalbisognodiprocacciarsideivoti,no,quest'ideaèstatalungamente
studiataedelaboratadalnostrocandidato."
Ilprincipemeravigliatodaquelleparole,ecredendodisognare,nonosava
alzargliocchipernonincontrarequellidell'oratorenèquellidelRosati,ilquale
con la testa dava lievi segni di approvazione e ammirava la furberia e la
sfacciatagginediCaruso.
"Io,cheseguiiquellavorìopazienteedaccurato,degnodiunamentevasta
e educata a tutte le più nobili discipline dell'economia moderna, io che ebbi
l'onore di essere il confidente del principe durante lo svolgimento della nobile



idea,iopossoesporviilvastopianoconcepitodadonPioUrbani.Eglivorrebbe
vedere Roma circondata da una cintura di ferrovia che avesse la stazione
principalequinelTrastevere,quelladismistamentoaSanGiovanniequelladi
piccola velocità ai Prati di Castello. Inutile dirvi che l'attuazione di questo
disegno farebbe salire enormemente il prezzo dei terreni nelle tre località
indicate e darebbe un grande sviluppo alle costruzioni, portando qui, dove
specialmentesiamo,moltagente,molteforzeemoltodenaro."
DonPio,benchèassuefattoanonmeravigliarsidinulla,eraassolutamente
annichilitodatantasfacciataggine,econtinuavaateneregliocchinelpiatto.Da
principio,udendoCaruso,avevaprovatolavogliadifareunarisatinasarcastica,
oras'erafattoserioperchècapivachequell'uomos'imponevaaluiinforzadel
servizioresogliecreavafradilorounaspeciedicomplicità.Unrestodionestà,
unsentimentodipudorelospingevanoaprotestare,mailpensierodelfinecui
mirava, troncavagli le parole in bocca e lo induceva a lasciare che le cose
andasseroperlachinasucuiavevaleavviateCaruso,purchèriuscisseeletto.
I popolani del Trastevere, abbacinati da quel miraggio d'interessi e di
guadagni, erano tutti concordi nel vedere in don Pio l'unico candidato, il solo
candidato serio, e non pensavano più alle simpatie della principessa della
Marsiliana per i clericali, non osavano più rimproverare al principe l'inerzia di
cuiavevadatoprovaperilpassato.AppenaCarusoebbecessatodiparlare,un
evviva frenetico, accompagnato dall'inno di Garibaldi, echeggiò per la sala
bassa, tutte le mani si protesero per cozzare i bicchieri ricolmi, e don Pio,
turbato,dovetteparteciparealbrindisi.
—In bocca al lupo,—gli disse Caruso avvicinando il proprio bicchiere a
quellodidonPio.
—Grazie,—disseilprincipe,guardandolosenzasorridere.
FabioRosatis'eraalzatoeandavadaunatavolaall'altradistribuendostrette
di mano, raccogliendo le parole lusinghiere per il principe con l'intenzione di

ripeterglielepoi.
—Ve lo dicevo che non c'era altri che lui, che il voto era ben dato?—
ripeteva egli a quanti gli parlavano della stazione in Trastevere.—Bella mente,
ideelarghe,ideenuoveeuncuored'oro.
In quel tempo don Pio era assalito dalle domande dell'on. Serminelli, il
quale voleva gli svolgesse meglio l'idea cui aveva accennato. Don Pio, non


sapendo che cosa rispondere, guardava Caruso, ma questi aveva attaccato
discorsoconunpopolano,cheavevaaccanto,efingevadinonbadarealui.
—Maèunasorpresacheciavetefatta,—diceval'onorevoleilqualeaveva
nelprincipeunodeipiùvalidielettori,poichèdonPioeraungrandeproprietario
diterrenisulFucino.
Don Pio esitò a rispondere, ma finalmente, accettando la situazione tal
qualeavevalacreataCaruso,disse:
—Civolevalabomba,civoleva,nonvipare?
Caruso intanto, con le orecchie tese, non perdeva una parola di quanto
diceva il principe della Marsiliana e gongolava lasciando pendere il labbro
inferiore,eponendosiipollicineitaschinidellasottovesteconunfaredigrasso
beato.
Tuttieranocontenti,tutti,ancheilsorDomenico,ilqualeandavaripetendo
fra i suoni stanchi della musica che l'elezione era assicurata, tutti, meno Fabio
Rosati,ilqualeprovavapelCarusounsensodirepulsioneenellasuaonestàsi
meravigliava che il principe tacesse, che il principe tollerasse quello che a lui
parevauninsulto.
Macomeavvienespesso,inveceditogliereadonPiolagrandestimache
gli tributava da lungo tempo, da quando si era mostrato verso di lui affabile e
corteseeloavevatrattatomoltodiversamentedaquelchenonsoglianoisignori
del patriziato romano con i cittadini, nei quali credono di veder sempre dei
clienti,FabioselaprendevaconCarusoesentivaaccrescereimmensamentela

repulsione che quell'uomo già inspiravagli. Con un colpo d'occhio capiva
l'influenzachequell'intrusodall'aspettovolgareavrebbepresasulprincipeegli
dolevacheperessereelettodovessesottoporsiaquelgiogo.
Le voci avvinazzate formavano un frastuono tremendo nella sala bassa e
sottoilpergolato;unodorenauseabondodivinoversato,dipietanze,dicattivi
sigari, di gente sudicia, riempiva l'aria, e don Pio incominciava a sentirsi a
disagio in quel luogo ed era stanco e nauseato. Per questo, fatto un cenno al
Rosati,sialzòe, accompagnatodalsorDomenico,dallasoraLallaedall'onor.
Serminelli, dal Caruso e dal Massa, traversò la sala dove echeggiarono della
gridastancheerauchedi"Evvivailnostrocandidato"eaccommiatatosidatutti
salìinphaéton,preselebrigliedimanoalcocchieree,invitatoilRosatiasedersi
accantoalui,toccòconlapuntadellafrustaicavalli,chepartironoaltrotto.


Durante il breve tragitto, Fabio fu più volte sul punto di dire al principe
quantoloaffliggevadivederlonellemanidiunvolgareimbroglione,dinarrargli
cheCarusoavevaservitounpo'tuttiipartiticonlapenna,unapennachenon
sapeva intingere altro che nella bile, e che ora non avendo più nessuno si
attaccavaaluicomeallatavoladisalvezza.Volevanarrarglicheeradiffamato
come uomo per avere abbandonato a Milano la moglie e un figlio senza pane;
cheeradiffamatocomegiuocatore,peresserestatoscopertoconlecartesegnate
inmano,eradiffamatocomegiornalistapernonessersimaiaddimostratofedele
a nessuno, servendo meglio chi meglio lo pagava. Ma tutte queste rivelazioni,
chesalivanoaFabiodalcuoreallabocca,eglinonavevacoraggiodifarleauna
personacheincutevaglitantorispettoquantoilprincipedellaMarsiliana.Fabio
Rosati era troppo romanamente educato per trovare in sè tanta audacia, poichè
quelle rivelazioni naturalmente contenevano un biasimo per don Pio, il quale,
invece di rinnegare qualsiasi connivenza col Caruso, aveva permesso che
mentissesfacciatamente.
DonPiopure,nonostantel'impassibilitàdellafisonomia,sisentivaadisagio

rispettoalRosati,edispiacevaglidiaverperdutalasuastimainunmomentoin
cuiavevabisognodellafedeillimitatadelgiovaneperriuscirenell'intento.Per
non abbordare l'argomento spiacevole, don Pio non disse parola durante il
tragitto,esoltantogiungendoalpalazzoinvitòamezzaboccailRosatiasalire.
—Grazie, è tardi e ho da fare,—rispose l'altro, che in condizioni diverse
sarebbestatolietissimodiquell'invito.
Essisisepararonofreddamente,eFabio,tristecomechinonhaveriidealie
vedecrollarelafedecheharipostainunindividuo,piùperlasuaposizioneche
per il valore personale, si diede a percorrere lentamente il Corso, deserto in
quell'oratarda.Egliavevasognatodiadoprarsitantoepoitantoperlaelezione
del principe di Marsiliana da meritare la gratitudine di lui, da diventare per
l'avvenirel'adlatusdelprincipe,lapersonaindispensabile,equandosivedeva
dischiusagiàlacasaUrbani,eccocheunaltro,unintruso,entravaconunsalto
nellaposizionedaluifaticosamenteconquistata,elafacevasua.


II.
FabioRosatieraungiovaneintelligente,ilqualesentivacheilbagagliodi
cognizioni di cui si era munito negli anni in cui un uomo deve prepararsi alla
vita, era troppo leggiero, troppo meschino per permettergli di andar oltre nel
mondo. Dotato, come quasi tutti i romani, di quella preziosa qualità che si
chiamailsensopratico,eglisperavadifarsistradalostessomercèlaprotezione,
l'aiutodipersonealtolocate,e,nonsentendosiforzasufficienteperviveredivita
propria,volevaporsinell'orbitadiqualchepianetaperfareinquellalapartedi
satellite.
A don Pio, carattere chiuso e piuttosto diffidente, egli aveva sentito
d'ispirare una certa simpatia, che aveva coltivato con ogni mezzo. Valendosi
delle conoscenze che aveva nelle redazioni dei giornali egli afferrava ogni
occasioneperfarcitareilprincipedellaMarsiliana;orapervantarel'eleganzadi
unattaccoallecorsedelleCapannelle;oraperdescrivereunballoalqualenon

erainvitato;oraperannunziarelapartenzaperunviaggio,espessoeglistesso
spingevadonPioafareundonoaunasilo,acompiereunattobeneficoqualsiasi
peraveremezzodilodarnel'animogeneroso.Lentamenteegliavevaassuefatti,
prima i giornalisti e poi il pubblico a quel nome che ora figurava spessissimo
nellecronacheecosìavevapreparatoilcampoallaelezionepoliticadidonPio,
dopo aver cooperato a quella di presidente del Circolo dei Cittadini e di
consiglierecomunale.
GiuntoalcaffèAragno,Fabiocercòsubitoconl'occhioiconoscenticoni
quali soleva passare la serata, per narrar loro la cena elettorale da "Muzio
Scevola". Scorse in mezzo ad essi Caruso, che con il solito aspetto di satiro
sonnecchiante, parlava senza scomporsi e facevasi ascoltare. Fabio non seppe
allora reprimere un moto di dispetto e stava per uscire senza accostarsi a
nessuno, quando il Peronelli, redattore del Fieramosca, e il Sorani,
corrispondente della Gazzetta Milanese, due giornalisti con i quali stava di
consueto,glifecerocennodirimanere.
—Dunque è andato tutto bene?—domandava il Sorani a Fabio.—Ti
aspettavopertelegrafare;completatuiparticolarichemihadatoCaruso;èbene
chediquestaelezionesiparliinprovincia:l'ideadelprincipedellaMarsilianaè
splendida.


—Io conto di fare nel Fieramosca un capo cronaca dell'avvenimento di
stasera,—diceva il Peronelli, fumando lentamente la sigaretta e sorbendo il
cognac a centellini.—Hai visto, Rosati, se c'erano giornalisti alla cena? Vorrei
essereilprimoadescriverequestocuriosofatto,perchè,adirlafranoi,ètroppo
bellocheunprincipedelSacroRomanoImpero,ungrandediSpagna,vadada
MuzioScevola!
—Sarebbestatapiùbuffasecivenivaanchelaprincipessa,comevolevail
sor Domenico,—osservò Caruso col suo sorriso sarcastico.—Del resto, di
giornalisti non ho visto altro che il Massa della Ragione, che ci dormirà sopra

ventiquattroore,poiavràbisognodialtreventiquattroperpensarci,edopouna
settimanafinalmentescriveràilresoconto.
—Etudovetimetti?—disseFabio.
—Io non faccio più parte della grande famiglia,—rispose Caruso
lasciandosicaderelelentidalnasoconunfarestancoenoiato.—Iolaripudio,
non perchè disprezzi quella certa influenza che il giornalismo conferisce, ma
perchè l'esercizio del mestiere è troppo poco rimunerativo, e io ho bisogno
almenoalmenodicamparbene;èunmestieredasignori,chedonPiopotrebbe
fare,manonio.
—Ma chi avrebbe mai supposto,—esclamò il Sorani, che era un ometto
magro, tutto nervi, che non sapeva star fermo un istante,—chi avrebbe mai
supposto che il principe della Marsiliana, così muto, avesse nel cervello delle
ideecomequelladellastazioneinTrastevere!Parevaoccupatosoltantodisè,dei
suoicavalli,estufoanchedelledonne.
Fabio involontariamente guardò Caruso, ma questi pareva occupato a
tagliare col temperino la punta di un sigaro d'Avana, e nulla rivelava in lui
l'uomochevolesserivendicarelapaternitàdiquellaidea,emoltomenovantarsi
diaverlasuggerita.MaggioredeldispettocheprovavainquelmomentoilRosati
per l'intruso, era la premura per il principe della Marsiliana e il desiderio di
vederloeletto;perquesto,invecediallontanarsisenzaparlarealCaruso,sichinò
all'orecchiodiluieglidisse:
—Haipensatoacomunicareilrisultatodellacenadistaseraaigiornalidella
mattinaeall'Associazionecostituzionale-progressista?
—No,—rispose l'altro alzando lentamente gli occhi e rimettendosi le lenti
sulnaso.—Credevochequestofosseaffartuo;capiraibene,iononsononulla,


nonhonessunaveste....
—Mi pareva che tu avessi dimostrato tanta devozione alla causa del
principe.

—Non mi pare,—rispose Caruso accendendo il sigaro dopo averlo
consideratodaogniparte,—masetulodici,sarà.Credevodinuoceresolamente
alDePetriischemièpiùantipaticocomeimpiastricciatoredicocci,checome
clericale,eparecheioabbiagiovatoalprincipedellaMarsiliana.Assicuratiper
altrochequeltuoprincipenonm'ispiranessunentusiasmo,perchèlocredouna
veranullità.
Queste parole sprezzanti e il tono con cui erano pronunziate, offesero
profondamente Fabio, il quale per non lasciarsi trascinare da un impeto di
collera,preseabracettoilSorani,dicendogli:
—Vienialtelegrafo;tidetteròioquelchedevitelegrafareallaGazzetta,—e
salutandoappenaglialtri,uscì.
—MiocaroPeronelli,—disseCaruso,appenarimasesolocolredattoredel
Fieramosca,—a te voglio fare una confidenza. Tu sei di opinioni liberali ed è
bene tu sappia la verità; il principe della Marsiliana non ha basi solide nel
Trastevere,l'entusiasmodistaserasideveaquellaideabuttatalàdellastazione,
ideachenoncredosiasuaecheeglicertononsaprebbesvolgereemoltomeno
attuare. Appena svanito questo bollore, i Trasteverini rammenteranno bene che
donPiononhafattonulla,nullanèprimanèdopoilsettanta,cheèlegatoauna
mogliedisentimentietendenzeultra-clericali,cheèeducatodaunamadrenera
comelacappadelcamino,echeperilpopolononhadavverosimpatie;nonè
molto che ne ha dato prova quando travolse sotto alla sua carrozza quella
vecchiaepoilesinavalepochelirepervenirleinaiuto;fuilFieramoscaallora
chenarròilfatto.
—È vero,—disse il Peronelli riflettendo.—Noi, del resto, non abbiamo
accettatalalistaconcordatadallaUnionecostituzionale-progressistaepossiamo
combatterloeportareinvecedelsuonomequellodelprofessoreGhirani,cheè
unpatriotta,unamico.Oravadoadivertirmi,—soggiunseilPeronellialzandosi
echiamandoilcameriereperpagare.
Carusosialzòpuresorridendomalignamentemasullaportadelcaffèsalutò
il Peronelli e si diresse a casa lasciando che l'altro andasse a sfogare contro il

principedellaMarsilianailvecchiorisentimentodellospostatoperilsignore,e,


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